Smart working, la testimonianza di una nostra delegata

da | Giu 15, 2020 | Fisac

Il lavoro agile in via forzata e continuativa (homeworking) come praticato negli ultimi mesi, strumento indispensabile per tutelare la salute di molte persone, ha reso però ancora più evidenti quali siano i rischi e gli svantaggi di questa modalità di lavoro se non ben regolamentata e delimitata nei modi e tempi, quanto la legge sia debole e a vantaggio del potere aziendale, e quanto il sindacato e la contrattazione debbano rivestire un ruolo centrale nell’arginare i rischi dello smart” è la considerazione di Francesca Bagnulo, segretaria di coordinamento Fisac Cgil in Unicredit e componente della Commissione Pari Opportunità aziendale e del Coordinamento Donne Fisac Cgil.

Molto interessante il suo intervento (di seguito la versione integrale) che vi consigliamo di leggere per inquadrare il tema dello smart working nell’attività bancaria su basi reali.

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Intervento completo al Seminario sul Lavoro Agile, Camera del Lavoro territoriale di Monza e Brianza, 11 giugno 2020.

Buongiorno a tutte e a tutti, sono Francesca Bagnulo, segretaria di coordinamento Fisac Cgil in Unicredit e componente della Commissione Pari Opportunità aziendale e del Coordinamento Donne Fisac Cgil. Soprattutto grazie a questi incarichi, già da tempo, mi occupo e seguo l’evoluzione del lavoro agile.

Il rinnovo del CCNL del Credito firmato a dicembre, negli articoli Lavoro agile e Disconnessione, ha recepito gran parte delle buone prassi e degli accordi stipulati nel settore negli anni precedenti, e buona sostanza è costituita da quanto fatto nei grandi gruppi bancari, tra cui Unicredit.

Nel Gruppo Unicredit l’accordo è stato raggiunto nell’aprile 2018. Ci siamo arrivati dopo un percorso a tappe durato qualche anno. La sperimentazione dello smart working è stata avviata nel 2014 con il coinvolgimento di un centinaio di colleghe/i con mansioni più adatte al lavoro in mobilità, ossia i profili informatici e le strutture di direzione e supporto. Via via il numero dei lavoratori inseriti nel progetto è aumentato e nel piano industriale 2017/2019 si sono poste le basi perché la sperimentazione venisse chiusa e il lavoro agile divenisse una modalità di lavoro strutturale nel Gruppo.

Nel 2017 è stato avviato a livello di Gruppo, nell’ambito dei lavori del Comitato Aziendale Europeo, in cui ovviamente ci siamo anche noi, un confronto sul tema e il 28 novembre 2017 è stata emanata una Dichiarazione Congiunta sulla conciliazione dei tempi di vita-lavoro, sulla disconnessione e sullo smart working. Si tratta di una dichiarazione innovativa e unica nel nostro panorama, in cui sono stati sanciti i principi ispiratori (le persone, il lavoro di qualità, il rispetto della vita privata dei dipendenti, la cultura della conciliazione vita-lavoro, la qualità della vita, le pari opportunità e la non discriminazione) e le aree di interesse a cui applicare questi principi: la digitalizzazione, la flessibilità di spazio e di tempo, la gestione del tempo al lavoro, il benessere e il cambiamento culturale. Per quanto riguarda la digitalizzazione, in tema di diritto alla disconnessione e della sua esigibilità, sono state stabilite direttive chiare, prescrivendo che la tecnologia debba essere utilizzata in modo appropriato evitando l’invasione della vita lavorativa in quella privata.

In Italia la dichiarazione è stata successivamente recepita all’interno dell’accordo sottoscritto tra il Gruppo e le Organizzazioni Sindacali il 13 aprile 2018, che vi ho citato prima, che prevede strumenti innovativi e sperimentali per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in cui hanno un proprio capitolo la tutela dei tempi di disconnessione e il lavoro agile. È imprescindibile parlare di diritto alla disconnessione quando si affronta il tema dello smart working.
Per quanto riguarda la disconnessione viene richiamato il rispetto degli istituti del CCNL (orari di lavoro, tempi di riposo, ferie, malattie ecc.) e la Dichiarazione Congiunta del Comitato Aziendale Europeo appena menzionata. Quindi la disconnessione dai dispositivi aziendali viene resa possibile:

• attraverso il rispetto dell’orario di lavoro, dei riposi, delle ferie;
• evitando l’uso inappropriato o abuso dei canali digitali – W Up, Sms, video chiamate, chat, telefonate;
• vietando l’uso dei dispositivi personali per ragioni di lavoro, salvo le urgenze;
• dettando regole chiare sull’utilizzo della mail aziendale.

Al fine di diffondere tali linee guida è stato concordato il lancio di campagne di informazione nei successivi 90 giorni e la possibilità di avviare iniziative di formazione nell’ambito della Commissione bilaterale aziendale della formazione finanziata.
Nel capitolo dedicato al lavoro agile, infine, vengono definiti i tempi (un giorno alla settimana) e i luoghi in cui la prestazione lavorativa può svolgersi (hub aziendale o abitazione), gli strumenti previsti per la connessione, il richiamo al rispetto della legge sulla salute e sicurezza con informativa annuale a lavoratrici e lavoratori, e alla copertura assicurativa garantita in relazione alla prestazione lavorativa resa anche all’esterno dei locali aziendali. Viene infine allegato il testo condiviso dell’accordo individuale e il prontuario di prima informazione sulla salute e la sicurezza sul lavoro.

Veniamo ora ai dati. In Italia nel Gruppo il flexible work si svolgeva fino a fine 2018 in 4 città (Milano, Roma, Verona, Bologna) con oltre 4500 aderenti, a cui entro la fine del 2019 si sono aggiunti 5.000 colleghe/i, e altre 5 piazze (Torino, Genova, Napoli, Brescia, Palermo).

Fino a prima dell’emergenza Covid era quindi prevista una sola giornata di smart working. Nell’accordo sul piano industriale 2020/2023, firmato a inizio aprile, in piena pandemia, abbiamo indicato l’impegno a rivedere l’accordo sul lavoro agile ampliandolo a 2 giornate alla settimana e fino a 10 giorni al mese, richiamando le previsioni del CCNL da poco rinnovato. Sarà anche l’occasione per verificare, alla luce dell’esperienza dell’home-working, se l’impianto normativo è sufficiente e adeguato o se debba essere rafforzato (come io credo), al di là del tentativo di risolvere le classiche questioni aperte (es. il riconoscimento del lavoro straordinario, del buono pasto qualora la prestazione si svolga dall’abitazione, la gestione e la valutazione della prestazione).

Con l’emergenza pandemica abbiamo avuto un aumento esponenziale del numero di lavoratrici e lavoratori in smart working (siamo arrivati a quasi 24mila in Italia su una popolazione di circa 39mila dipendenti), comprendendo anche quelle mansioni che un tempo sembravano impossibili da svolgere in remoto, tra questi anche alcune figure di agenzia. Il Covid ha portato le lancette avanti di qualche anno in termini di spinta alla digitalizzazione. Oltre allo smart, molti processi sono stati rapidamente digitalizzati. E questo, se da un lato può far percepire i benefici che se ne trarranno in termini di conciliazione vita/lavoro e di tutela dell’ambiente, dall’altro fa presagire la drastica riduzione del numero delle agenzie e di conseguenza della forza lavoro che potrebbe avvenire in tempi più ristretti di quanto previsto e non diluita in tempi più lunghi.

Il lavoro agile in via forzata e continuativa (homeworking) come praticato negli ultimi mesi, strumento indispensabile per tutelare la salute di molte persone, ha reso però ancora più evidenti quali siano i rischi e gli svantaggi di questa modalità di lavoro se non ben regolamentata e delimitata nei modi e tempi, quanto la legge sia debole e a vantaggio del potere aziendale, e quanto il sindacato e la contrattazione debbano rivestire un ruolo centrale nell’arginare i rischi dello smart. I vantaggi, quali l’aumento del senso di appartenenza all’azienda, miglioramento del clima aziendale, dell’incremento della produttività, dell’attrattività dei giovani, della conciliazione dei tempi di vita e lavoro e persino dell’azzeramento delle molestie, vengono oggi pesantemente schiacciati e valicati dai rischi: non solo quello della salute e della sicurezza legata al luogo in cui si svolge la prestazione (es. della postazione di lavoro), ma anche il rischio d’isolamento, della virtualizzazione dei rapporti, dell’invasione del lavoro nella sfera personale, dello “sfasamento” di orario, con gravi ripercussioni sulla salute anche psichica delle persone e aumento degli errori operativi, perché manca il confronto, perché l’attenzione a lungo andare cala, perché la gestione familiare distrae.

Abbiamo quindi capito che il lavoro agile è tale solo se delimitato nel tempo e con regole certe. Lo abbiamo compreso tutte e tutti, non solo noi, il sindacato, che abbiamo seguito con attenzione gli sviluppi di questa modalità, a volte anche con eccessiva diffidenza, ma anche le lavoratrici e i lavoratori, che lo hanno sperimentato per lunghi mesi sulla propria pelle. Il sindacato è stato in questo periodo un punto di riferimento per colleghe e colleghi che, grazie a noi, si sono sentite/i meno sole/i. Ce lo hanno detto. Abbiamo persino aumentato il numero di iscritte/i, senza girare tra loro. Siamo stati digitali anche noi, a loro vicini con tutti i mezzi che la tecnologia rende possibile.

Volevo segnalarvi due iniziative che stiamo portando avanti come Fisac Milano e Lombardia:

– Nel mese di maggio è stata avviata dalla Fisac Cgil di Milano e Lombardia in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università Statale Milano-Bicocca una ricerca sullo smart working nel nostro settore in Lombardia, condotta tramite questionario sottoposto alle lavoratrici e lavoratori appunto di banche e assicurazioni. Penso che a breve avremo i risultati e li condivideremo. Verranno pubblicati su una rivista scientifica internazionale. L’indagine verrà ripetuta tra qualche mese sulle stesse persone, perché è un’indagine longitudinale, che con la creazione di un codice finale, permette, mantenendo l’anonimato, di arrivare appunto alle/agli stesse/i. L’unico dato che abbiamo e che abbiamo chiesto subito di estrarre è se c’è differenza significativa nelle risposte tra uomini e donne: No, non c’e. Emerge però uomini hanno sofferto di più. Un risultato in controtendenza. Sono stati compilati 3mila questionari, di cui ritenuti validi 2500. Pensiamo sia un successo, perché svolto solo in Lombardia e solo nel settore del credito e delle assicurazioni.

– In Fisac Milano stiamo anche lavorando da tempo su un progetto di data base degli accordi sullo smart working. Siamo partiti dagli accordi dei settori bancario, assicurativo ed esattoriale. Abbiamo coinvolto anche la CdL di Milano. L’idea è quella di costruire uno strumento che possa essere di aiuto alle categorie e ai dirigenti sindacali per poter estrapolare elementi o accordi, utilizzandoli come base per la contrattazione.